<<Basta proroghe! Occorre regolamentare il comparto balneare in maniera organica ed equilibrata>>. Questo il commento di Nevio D’Arpa, CEO&Founder di BTM Italia sul prolungamento delle proroghe concesse ai balneari fino al 2027.
Le gare, si legge in una nota di Palazzo Chigi, dovranno essere bandite entro il giugno precedente, chi subentra dovrà pagare un rimborso a chi lascia e assicurare la continuità occupazionale dei lavoratori. La durata delle nuove concessioni dovrà essere di almeno cinque anni e di non più di venti, "al fine di garantire al concessionario di ammortizzare gli investimenti effettuati". Secondo quanto previsto dal decreto, i Comuni dovranno comunicare un’eventuale mancata suddivisione dei lotti delle aree a gara, precisando il numero massimo di quelli aggiudicabili a un solo partecipante, condizione nata per non nuocere alle piccole imprese (soprattutto quelle a gestione familiare).
I criteri di gara puntano a premiare chi armonizza le strutture, rispettando le tradizioni locali e le specificità del territorio. Un punteggio maggiore, inoltre, andrà a chi è stato titolare nei 5 anni precedenti di una concessione fonte prevalente di reddito personale o per chi assume un certo numero di lavoratori del concessionario uscente. Penalità, invece, per chi gestisce altri lidi sul territorio, in modo da evitare concentrazioni. Le procedure di gara per le nuove concessioni balneari dovranno essere avviate "almeno sei mesi prima della scadenza" della concessione.
<<Le proroghe sono solo un palliativo – afferma D’Arpa -. Bisogna stabilire le regole e ricorrere all’evidenza pubblica al più presto, tutelando gli imprenditori che hanno lavorato per tutti questi anni, soprattutto quelli che hanno garantito servizi, sostenibilità, sensibilità ambientale, inclusione e accessibilità. Ritengo necessario regolamentare e adeguare il canone che sia equo e al momento non in linea con i proventi derivanti dalla stagione>>. Da qui una riflessione più profonda sull’omologazione del settore. <<Stiamo assistendo, in particolare in Puglia e nel Salento, ad un eccesso dei prezzi al rialzo per il costo giornaliero di ombrelloni e lettini e ad una omologazione del settore, mentre invece si dovrebbe iniziare a ragionare in termini diversi e classificare gli stabilimenti con lo stesso criterio che viene utilizzato per gli alberghi in base agli standard e ai servizi offerti: da 3 stelle a Lusso, passando per le spiagge libere tout court a quelle libere attrezzate. Solo così – prosegue – si può superare questa uniformazione imperante dei costi. È una battaglia che porto avanti da anni ormai e a mio avviso, in assenza di regole nuove, regnerà il caos e tutto ciò si tradurrà in disagi sia per turisti che per gli stessi imprenditori balneari. Come ho avuto modo di dire anche in altre occasioni, la mia proposta è quella di avviare un progetto pilota almeno su un tratto di costa che, una volta testato, possa essere adottato su tutto il territorio nazionale>>.
Un’ultima riflessione, infine, riguarda l’apertura tutto l’anno in alcune regioni, in particolare nel sud Italia, dove le temperature sono più miti. In Puglia, per esempio, da regolamento regionale, la stagione balneare comincia il 1° giugno e finisce a metà settembre. <<Andrebbero create le condizioni affinché i lidi possano restare aperti tutto l’anno, ammortizzando disagi e costi legati al montaggio e smontaggio delle strutture, magari con una pausa (per chi lo volesse) nei mesi più freddi, da dicembre a febbraio. L’idea è quella di permettere agli utenti di beneficiare dei servizi degli stabilimenti anche oltre il periodo estivo. I dati, in tal senso, sono chiari: i turisti stranieri prediligono i mesi meno “gettonati” come aprile, maggio, ottobre e novembre>>.
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