C’è un luogo in Alto Adige dove il tempo sembra essersi fermato e la memoria sopravvive tra le acque: è Curon Venosta, il paese che non c’è più, inghiottito dal Lago di Resia negli anni ’50 per lasciare spazio a una diga.
Delle sue case, dei vicoli, dei campi coltivati non resta nulla, se non un campanile solitario che spunta dall’acqua come un custode silenzioso del passato. Vederlo è un’esperienza che scuote: è un’immagine quasi irreale, magnetica.
Gli abitanti di allora persero tutto, furono costretti a lasciare le proprie case e a ricostruirle più in alto, mentre il vecchio borgo scompariva sotto la superficie del lago. Eppure il campanile ha resistito, e con lui le storie, le leggende, i sussurri di chi ricorda: si dice che, nelle notti d’inverno, quando il lago si trasforma in una lastra di ghiaccio e il silenzio cala ovunque, si possano ancora udire le campane suonare, un’eco impossibile eppure viva nell’immaginazione di chi ascolta.
Visitare Curon oggi significa molto più che scattare una foto: significa camminare lungo le rive del lago e sentire che natura e memoria si intrecciano. Significa lasciarsi trasportare dal vento che muove le vele e osservare i kite dei più avventurosi, oppure scoprire sentieri che portano verso rifugi immersi nelle montagne dell’Ortles. Significa anche sedersi in una locanda e assaporare il gusto semplice e autentico della cucina tirolese, profumata di legna, speck e strudel. Curon è un luogo che conquista con la sua autentica semplicità, entra dentro e, in qualche miodo, costringe a riflettere sul legame tra uomo e natura, sul potere del tempo e sulla forza della memoria: un viaggio qui non è solo turismo, è un incontro con la storia, con la resilienza di chi ha perso tutto e ha saputo ricominciare, ed è un modo per viere la magia di un paesaggio che resta impresso negli occhi e nel cuore.
Confinante sia con la Svizzera che con l’Austria, Curon Venosta rappresenta l’ultimo tratto della Val Venosta, dove il fiume Adige, a pochi metri dalla sorgente, riempie di acque limpidissime il lago di Resia, bacino artificiale che oggi è un paradiso per gli sport lacustri, immerso in un paesaggio di alta montagna. Negli ultimi anni è diventata una meta sempre più popolare, non solo per il suo iconico campanile, ma anche grazie alla notorietà internazionale acquisita dalla serie Netflix “Curon”, che ha acceso la curiosità di turisti italiani e stranieri. Prima di questo fenomeno, il paese era frequentato principalmente da appassionati di trekking, cicloturismo e fotografia; oggi, invece, accoglie visitatori attratti dal mix di natura, storia e mistero.
Con circa 2.450 abitanti, anche un numero relativamente contenuto di turisti può avere un impatto significativo: durante la stagione estiva e i weekend invernali, il lago e le aree circostanti possono diventare affollati, soprattutto nelle giornate di sole o quando il lago è ghiacciato e accessibile. Questo flusso di visitatori ha portato benefici economici concreti: bar, ristoranti, noleggi di biciclette, escursioni guidate e strutture ricettive registrano un incremento significativo degli incassi. D’altra parte, la crescita del turismo comporta sfide di sostenibilità: il rischio di sovraffollamento sui percorsi pedonali, l’impatto ambientale sulle rive e sui sentieri naturali, e la necessità di gestire parcheggi e servizi pubblici. Per questo molte iniziative locali puntano a promuovere un turismo responsabile, invitando i visitatori a rispettare l’ambiente, a non lasciare rifiuti e a privilegiare passeggiate e attività a basso impatto.
Curon Venosta è un esempio di come un piccolo borgo possa diventare famoso a livello internazionale, mantenendo però la sfida di bilanciare visibilità turistica e tutela del territorio. Visitare il paese non significa solo fermarsi davanti a una cartolina vivente: significa vivere un’esperienza che connette natura, storia e memoria, se affrontata con rispetto.
Il campanile della chiesa, che riuscì a superare la profondità del bacino, è a tutti gli effetti il simbolo storico di Curon. Vederlo svettare dalle acque del lago incute quasi timore o comunque trasmette una forte suggestione. Forse perché è l’unico superstite di un’esplosione che ha demolito circa 160 edifici.