Sinologa all’inizio, chef poi, anche se è sempre stato un appellativo che non ha molto amato. Roberta Bari si è avvicinata alla cucina durante i dieci anni di permanenza a Pechino, sebbene sin dall’infanzia ha avuto questa passione, come molti italiani tramandata dalla famiglia. Non ha mai amato l’appellativo di “chef” perché lo sente come un termine che pone del distacco, mentre ciò che ha sempre amato della cucina è il suo aspetto aggregante, di comunicazione e di condivisione. In Cina infatti, Roberta si è occupata della narrazione delle tradizioni italiane e pugliesi ai cinesi, anche sui canali televisivi nazionali, laboratori con bambini e le loro famiglie per l’Ambasciata d’Italia a Pechino.
Un percorso un po’ strano a vederlo da fuori, che potrebbe portare a chiedersi perché proprio la Cina. Dopo la laurea triennale e magistrale in lingue (cinese e inglese) Roberta ha fatto le valigie per la terra del sol levante, dove pensava di rimanere solo alcuni mesi per perfezionare la lingua; Pechino invece è diventata casa per 10 anni. Ha iniziato come responsabile ordini e logistica, sales manager, project manager per una scuola di cucina per poi diventare chef e insegnante della Scuola Italiana paritaria d’Ambasciata a Pechino, la prima in Asia. Il desiderio di avventura, l’amore per il viaggio un po’ di incoscienza, hanno portato Roberta a diventare chi voleva, dall’altra parte del mondo, e fare delle proprie passioni un lavoro, dalla cucina allo sport, diventando anche atleta e trainer di CrossFit.
Tornata in Italia durante il Covid, Roberta ha lavorato per diversi ristoranti e strutture ricettive, finchè ha deciso che ciò che le mancava realmente era il contatto con il pubblico, proprio quella condivisione di valori, di emozioni di cui la cucina e il cibo sono sempre stati vettori, e così ha ricominciato a fare laboratori, eventi privati, laboratori con i bambini, in modo da sostituire i fogliettini bianchi delle comande appese in cucina agli occhi e facce sorridente di persone reali, dei bambini. Frequentare luoghi e situazioni in cui essere chiamati chef non fosse il fondamento della struttura gerarchica, ma i sapori, gli odori, le mani in pasta insieme fossero la chiave del tempo trascorso insieme. La tavole e il cibo come mezzo di comunicazione e come un veicolo di viaggio attraverso cultura, storie di famiglia, valori e tradizioni, così come la comunicazione di uno stile di vita sano, la promozione di una sana alimentazione e dello sport.